Replying to C. Baudelaire: L'Albatros - Commento e Analisi del testo

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Last 10 Posts [ In reverse order ]

  1. Posted 22/1/2013, 16:49
    bella, quando è ora della verifica però fa schifo... XD
  2. Posted 14/6/2010, 21:14
    CITAZIONE ([M]isantropia @ 14/6/2010, 14:58)
    La amo, specialmente in francese!!! *-*

    :yeah:
  3. Posted 14/6/2010, 13:58
    La amo, specialmente in francese!!! *-*
  4. Posted 12/2/2009, 21:14
    è fantastica **
  5. Posted 12/2/2009, 20:49


    C. Baudelaire: L'Albatros - Commento e Analisi del testo




    COMMENTO

    L'albatros, con le sue ali maestose, domina nel cielo, ma quando si posa sul suolo, proprio a causa delle ali, appare goffo e ridicolo. Così il poeta, con le grandi ali della sua superiorità spirituale, delle sue capacità intellettuali e della sua sensibilità, non viene compreso dagli uomini comuni, ma trova il proprio spazio privilegiato nell'arte. Si delinea qui il conflitto tra l'intellettuale e il mondo borghese che è al centro della cultura ottocentesca.

    In una società che ha come valori fondamentali l'utile, l'interesse, la produttività, il senso pratico, e che trasforma anche l'opera d'arte in merce, l'artista, teso verso valori ideali e spirituali, appare diverso, inadatto alla vita comune. La società, lo considera come un essere maledetto proprio a causa delle sue capacità e diventa oggetto di scherno per gli uomini comuni. Baudelaire sceglie "l'albatros "per simboleggiare questa condizione, come il grande uccello marino infatti, il poeta si eleva ai livelli più alti della percezione e della sensibilità ma una volta sulla terra ferma non riesce a muoversi proprio a causa delle sue capacità (paragonate alle ali dell'albatros). La causa della sofferenza del poeta è un' angoscia esistenziale profonda e disperata che lo proietta in uno stato di perenne disagio.

    Les "Fleurs du mal" sono tentativi che il poeta compie di fuggire dalla società del suo tempo, rifugiandosi nell'alcool e nell'alterazione delle percezioni.I fiori del male sono i paradisi artificiali (tanto cari all'autore, che vi dedicherà un'intera opera) e gli amori proibiti e peccaminosi che danno l'illusoria speranza di un conforto.
    L'ultimo appiglio per lo spirito disperato del poeta è la morte, intesa non come passaggio ad una nuova vita ma come distruzione e disfacimento a cui tuttavia il poeta si affida nel disperato tentativo di trovare nell'ignoto qualcosa di nuovo, diverso dall'onnipresente angoscia, cos' ben rappresentata nelle poesie della raccolta "I fiori del male.


    ANALISI DEL TESTO


    L'avverbio della ripetizione con cui si apre la poesia (in francese "Souvent") colloca il lettore nella dimensione dell'ovvietà. Nessuno può aspettarsi, dopo un tale inizio, la descrizione di un evento irripetibile: e in effetti, l'evento descritto è una consuetudine, il ritorno di un gioco [divertente per chi lo conduce, ma piuttosto crudele per chi è costretto a subirlo]. Tuttavia, i movimenti e i gesti (dei marinai come dell'albatro) sembano fissati in una singolarità assoluta, tanto da apparire immobili, accaduti una volta soltanto e non più replicabili. In fondo c'è solo un albatro irriso e beffeggiato sulla nave.
    Per tutta la composizione colpisce l'indeterminatezza dei soggetti dell'azione: sembra che l'unica identità degli hommes d'équipage - uomini senza volto - consista nella loro appartenenza alla nave: persino nei gesti dei beffeggiamenti e dell'insulto restano anonimi, insignificanti.
    Nel secondo verso questi uomini tuttavia agiscono: catturano degli albatri. Ma si noti come ciò che unisce , allo stesso tempo,separa i marinai dal loro gesto e fa convergere l'attenzione attorno all' albatros: è questa parola che si accampa al centro della rappresentazione; allontana lo sguardo dalla nave, dai marinai, e lo fa salire al cielo: guardiamo dunque le nave dall'alto, con la stessa prospettiva degli albatri. Possiamo qui notare la figura dell'"impacciato": infatti come l'enorme l'apertura delle ali rende impacciati gli albatri , questo attributo può riferirsi propriamente anche ai marinai
    Gli uccelli seguono il vascello come indolenti compagni di viaggio . L'immagine acquista una grande forza, adeguata alla sua importanza nel contesto generale della poesia. Intanto possiamo notare come la regolarità ritmica del sintagma - accenti su terza, sesta e nona posizione (conservati anche nella traduzione letterale in italiano) - rafforzi l'unità di senso, conferendo alla figura un movimento che sembra mimare il movimento delle grandi ali in volo: c'è insomma una semantizzazione del significante (il suono contribuisce all'icasticità dell'immagine). In secondo luogo, possiamo osservare che l'immagine degli albatri come compagni di viaggio suppone che lo sguardo del poeta si volga verso una natura nella cui essenza c'è anche il rapporto, cordiale e rispettoso, dei viventi tra loro e con le cose: ma sarà proprio la perdita di questa armonia della natura, la rottura di questa fraternità creaturale ad essere rappresentata sulle plance della nave: l'esilio - dell'albatro, cioè del poetastesso - è appunto esilio da una natura così intesa da una solidarietà illusoria o smarrita.
    Gli albatri baudelairiani col loro volo sembrano assistere, seppure indolenti la nave che scivola sugli abissi. Il gesto dei marinai è pertanto un oltraggio a questa fedeltà di presenza, a questo indolente (o curioso) accompagnamento. Ma possiamo ancora notare che, essendo l'albatro un'allegoria del poeta, l'aggettivo indolenti allude all'inutilità della poesia nella società borghese industrializzata e fondamentalmente utilitarista.
    Quanto all'immagine dela nave che goffamente scivola sul mare è una chiara metafora della condizione esistenziale dell'uomo contemporaneo, smarrito nello sprofondamento oscuro della coscienza, nel male oscuro di una interiorità insondabile.
    Gli amari abissi riportano in basso lo sguardo del lettore. E infatti la seconda quartina ci riporta negli spazi scenici del primo verso della poesia, in quel crudele "divertimento" che ha come gesto iniziale la cattura degli albatri.

    La seconda quartina si regge su una trama di opposizioni: il volo (interrotto) e la deposizione sul ponte, la sovranità dell'azzurro e la goffaggine dei movimenti, le grandi ali bianche spiegate nel volo e poi trascinate ai fianchi come fossero remi.
    La deposizione degli albatri ha il carattere tragico e gratuito di una dissacrazione, di una profanazione. Ma la profanazione ha un legame segreto con la cosa profanata. Potremmo qui avventurarci nel non detto dei versi: ciò che l'azzurro significa (cioè l'altrove) e che gli albatri abitano con la libertà e la leggerezza del volo, è forse sostanza di un desiderio che assale i marinai. L'azzurro insomma è il profilo di un sogno, la figura di un dominio delle forze naturali.
    Le grandi ali bianche dell'albatro catturato sono come remi inerti, trascinati ai fianchi. L'onda di senso dell'intera strofa si raccoglie intorno a quel traîner in cui l'ombra del volo è cancellata, e il cammino stesso è impedito. Non solo icona dell'impotenza, del corpo privo di movimento e di energia, ma anche emblema della prigionia e dell'esilio.

    Nella terza quartina, i primi due emistichi dei primi due versi - Ce voyageur ailé / Lui, naguère si beau - sostengono, dall'alto del volo e della bellezza, lo sguardo sulla sopravvenuta abiezione. Il prima della caduta è presente - come dolente ricordo - nel tempo della miseria.
    Con questa strofa, dallo stormo degli albatri si distacca un albatro, l'albatro di questa poesia, impedito nella libertà del volo. Quella del volo è una metafora chiara della fantasia, dell'immaginazione, comunque del libero scorrere dei pensieri [Si ricordi il pastore del leopardiano Canto notturno, che vedeva nel volo un lampo d'impossibile felicità: "forse, s'avessi io l'ale..."].
    Ma se il volo è metafora di ciò che il poeta sperimenta nei pensieri e quindi nel linguaggio, quando i marinai mimano l'impotenza dell'albatro è l'impotenza umana che mettono in scena: mimano se stessi, l'assenza di ali e quindi di libertà che è in loro. Perciò la condizione di comicità non cancella nella figura dell'albatro la sua appartenenza a un "altrove", a quell'azzurro ora cancellato.

    Nella strofa finale l'allegoria mostra il suo senso; la fine illumina il principio. È come l'albatro il poeta; l'uno e l'altro sono nella separazione, nello spaesamento; dicono la caduta nell'improprio, nella inappartenenza.
    L'arcata che sostiene l'allegoria è una similitudine: e nella reversibilità dei due termini della comparazione, delle due icone, si rappresenta la solidarietà creaturale, la comune appartenenza allo stesso destino, alla stessa avventura. Sia l'albatro che il poeta raccontano le forme dello stesso evento: la caduta.
    L'immagine del poeta, il suo ritratto romantico e infelice riempie di sé il nuovo paesaggio. Tuttavia l'immagine dell'albatro permane negli elementi prima negati e sacrificati: il volo, il dominio del cielo. Una sovranità che sostituisce all'azzurro le nubi e la tempesta. La comparazione congiunge in un solo verso le due sovranità, dell'albatro e del poeta: Le Poéte est semblable au prince des nuées.
    All'albatro si è sostituito il poeta, ma nel ritratto della sua condizione permangono ancora gli elementi figuranti dell'albatro. Il poeta, infatti, è principe nel regno delle nuvole. Perciò in Albatros il cielo è complice del poeta, sua protezione: la terra, invece, è il luogo dell'esilio.


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