J. Joyce: Eveline - Traduzione, Riassunto e Analisi del Testo

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  1. punKt89
     
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    J. Joyce: Eveline - Traduzione,
    Riassunto e Analisi del Testo





    Eveline è una ragazza in conflitto con il mondo, ma ancor prima con se stessa. Joyce non ne descrive il carattere o l’aspetto fisico, ma la delinea attraverso il racconto delle sue vicende. Eveline è stanca, ormai, di tutto ciò che le è abituale. «...Sentiva nelle narici l’odore del cretonne polveroso...», l’odore di qualcosa che è ormai vecchio, monotono. Eveline desidera una nuova vita, al fianco dell’uomo che ama, Frank; «...era buono e forte, Frank, e di cuore generoso...».

    "Seduta alla finestra guardava la sera invadere il viale. Teneva la testa appoggiata contro le tendine e sentiva nelle narici l’odore del cretonne polveroso. Era stanca.
    Poca gente per strada. Passò l’inquilino della casa di fondo che rientrava. Sentì i passi risuonare sul marciapiede di cemento, poi lo scricchiolio della ghiaia sul sentiero dinanzi alla fila di costruzioni nuove, color mattone. Un tempo c’era un campo laggiù e loro solevano giocarci ogni sera, insieme agli altri ragazzi del quartiere. [...]
    Molti anni erano passati da allora: adesso lei e i suoi fratelli e sorelle s’erano fatti grandi e la mamma era morta. Anche Tizzie Dunn era morto e i Water erano tornati in Inghilterra. Come tutto cambia! Toccava a lei ora d’andarsene come gli altri, lasciare la casa.
    La sua casa![...] Forse non li avrebbe più rivisti quegli oggetti, dai quali mai aveva immaginato di doversi separare un giorno. [...] Sì, aveva acconsentito ad andarsene, a lasciare la casa. Ma era ragionevole da parte sua? Si sforzava di prendere in considerazione ogni lato del problema. Lì almeno non le sarebbero mai mancati cibo e alloggio; né, quel che più conta, le persone che era avvezza a vedersi intorno sin dalla nascita. [...] Nella casa nuova, però, in un paese lontano e sconosciuto, non sarebbe andata così. Sarebbe stata una donna maritata lei, Eveline, e la gente le avrebbe usato rispetto. Non si sarebbe lasciata trattare come sua madre, no. Ancora adesso, per quanto avesse già diciannove anni compiuti, le avveniva a volte di temere la violenza paterna. [...] C’erano poi le eterne discussioni per i soldi, il sabato sera; discussioni che la sfinivano. Dava lo stipendio intero in famiglia - sette scellini alla settimana - e Harry mandava quanto poteva; ma il guaio era cavarli al padre, i quattrini. Era una spendacciona, le diceva, una scervellata e non se la sentiva lui di darle i soldi guadagnati con tanta fatica per vederli buttare dalla finestra; questo e altro le diceva, perchè era sempre di cattivo umore il sabato sera. Alla fine però glieli dava e le chiedeva se non aveva per caso l’intenzione di comperare qualcosa per il pranzo della domenica. [...] Un lavoro duro, sì, una vitaccia; eppure, ora che stava per lasciarla, già non la trovava più così insopportabile.
    Ne avrebbe cominciata un’altra, adesso, con Frank. Era buono e forte Frank, e di cuore generoso. Sarebbe andata via con lui quella sera, col piroscafo della notte. Sarebbe andata via per diventare sua moglie e vivere con lui a Buenos Aires nella casa che l’aspettava. [...] Naturalmente il padre era venuto a saperlo e le aveva proibito d’avere a che fare con lui.
    «...Li conosco, va’ là, questi marinai!...» aveva detto.
    Un giorno avevano litigato, Frank e il padre, e da allora avevano dovuto vedersi di nascosto. [...] Il tempo passava ma lei rimaneva lì seduta presso la finestra, la testa appoggiata contro le tendine e l’odore polveroso del cretonne nelle narici. Giù dal viale saliva il suono di un organetto. Lo conosceva quel motivo. Strano che venisse proprio quella sera a rammentarle la promessa fatta alla madre, la promessa di tenere insieme la famiglia fintanto che avesse potuto. [...] E mentre stava lì a meditare, la penosa visione della vita della madre operava nel più profondo del suo essere una specie di maleficio; una vita di sacrifici meschini conclusasi nella pazzia finale. [...] S’alzò di scatto. Fuggire! Fuggire doveva! Frank l’avrebbe salvata. Le avrebbe dato vita e forse anche amore. E voleva vivere lei! Perchè avrebbe dovuto essere infelice? Anche lei aveva diritto alla felicità. [...] Era alla stazione di North Wall, in mezzo alla folla ondeggiante. [...] Se partiva, domani si sarebbe trovata in alto mare, con Frank, diretta a Buenos Aires. Avevano già fissato i posti. Come poteva tirarsi indietro dopo tutto quel che aveva fatto per lei? [...] Una campana le rintoccò sul cuore. Sentì ch’egli l’afferrava per mano. [...] Tutti i mari del mondo le s’infrangevano sul cuore. E lui la trascinava dentro, la voleva annegare. Con ambo le mani s’aggrappò alla cancellata. [...] No! No! No! Era impossibile. Le mani strinsero freneticamente le sbarre. [...] Lo vide correre al di là dei cancelli, chiamandola perchè lo seguisse. [...] Volse allora gli occhi verso di lui la faccia pallida, passiva, come un povero animale impotente, e i suoi occhi non gli diedero alcun segno d’amore o di addio o di riconoscimento".

    Eveline ricorda il giorno della morte della madre: lo ricorda non attraverso associazioni logiche, ma mediante sollecitazioni esterne, come il suono dell’organetto, che Eveline sente all’esterno della casa la sera della sua partenza. «Si rivide nella stanza buia, chiusa, in fondo al corridoio: da fuori giungeva il melanconico suono dell’organetto...», la sera della morte di sua madre, e da questo le tornano in mente le liti tra i suoi genitori, il modo in cui suo padre trattava sua madre, modo in cui lei non permetterà a nessuno di trattarla («...non si sarebbe lasciata trattare come sua madre...»).

    Il personaggio di Eveline è complesso, multiforme, e non si può certo semplificare la complessa mentalità della ragazza. E’ influenzata dal mondo esterno a tal punto che non riesce ad ascoltare se stessa, si preoccupa degli altri ma non di lei, se non quando è sfinita da una vita che non è mai stata felice per lei.


    La figura femminile ha sempre destato grande interesse nel mondo della letteratura ed in particolare la letteratura inglese ci ha regalato delle figure di donna di sicuro impatto (si pensi alla modernità di Giulietta nel grande Shakespeare o anche ai realistici ritratti delle donne che partecipavano al pellegrinaggio verso Canterbury mirabilmente descritto da Chaucer).
    Nel primo Novecento la donna si presenta diversa, più libera, pronta ad entrare in maniera più responsabile nella società civile e soprattutto pronta a liberarsi dai pregiudizi che la avevano accompagnata nel corso dei secoli.

    Una delle prime donne presenti nell'opera di Joyce è Eveline protagonista dell'omonimo racconto in "Gente di Dublino".
    Eveline ha diciannove anni, fa la commessa, è orfana e vive con il padre ed i suoi fratelli maggiori ma il suo ragazzo vuole strapparla alla sua vita monotona per far fortuna assieme in America del Sud.
    All'inizio della storia Eveline ci appare seduta dietro le cortine della sua finestra a pensare al suo passato sereno, al suo presente grigio.
    Il suo innamorato a diciannove anni le offre la possibilità di cambiare, di trasgredire, passando le acque della purificazione e del cambiamento ma Eveline è ancorata ai suoi doveri: l'atteggiamento da padre-padrone del suo genitore la intristisce ma non la induce alla fuga.
    In cuor suo lei sa che così dev'essere, perché si sente protetta mentre la libertà è una scelta troppo difficile per lei, bambina dentro come tutte le donne della sua epoca.
    In cuor suo lei sa che così dev'essere, perché si sente protetta mentre la libertà è una scelta troppo difficile per lei, bambina dentro come tutte le donne della sua epoca.

    Un tormento nel quale prevale la ragione e non la passione, una decisione che l'autore prende lui per Eveline, perchè è lui, Joyce, a non farla partire, non è lei a decidere. In fondo Joyce vuole dimostrare esattamente il contrario, e cioè che per amore di qualcuno, in questo caso di qualcosa, si può rinunciare ad altro, anche se questo "altro" sono le radici, gli affetti, i ricordi.
     
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  2. » Éire •
     
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    Bel racconto, stupendo "Gente di Dublino".. L'ho letto appena tornata da Dublino e mi ha scoprire un altro lato di quella città..
     
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1 replies since 30/3/2009, 22:11   49711 views
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