Dante Alighieri: Divina Commedia – Canto I, Riassunto e Analisi del Testo

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    Dante Alighieri: Divina Commedia – Canto I, Riassunto e Analisi del Testo


    Riassunto

    Dante si ritrova in una selva oscura e impervia, il cui ricordo ancora lo turba e non è in grado di dire come vi sia entrato. Uscito dalla selva giunge ai piedi di un colle la cui sommità è illuminata dai raggi del solo nascente che mostra il giusto cammino. La paura, allora, si placa un poco ed egli si volge a guardare la selva con la trepidazione di un naufrago appena uscito dal mare pericoloso.

    Dante riprende il cammino su un lieve pendio che porta al colle, ma all’inizio della salita è ostacolato da una lonza dal pelo maculato; egli ha comunque speranza di riuscire a oltrepassare l’animale grazie alla luce del sole e alla stagione primaverile, ma gli infonde paura l’apparizione di un leone affamato e dall’aspetto feroce. Subito compare anche una lupa, magra e vorace, che toglie a Dante la speranza di poter salire sul colle facendolo retrocedere verso la selva.

    Mentre sta tornando sui suoi passi, il poeta vede una figura umana, più ombra che uomo, a cui chiede aiuto. L’ombra gli risponde dicendo di essere un’anima, di essere nata da genitori lombardi al tempo di Giulio Cesare, di essere vissuta sotto l’imperatore Augusto e di essere stata il poeta cantore di Enea; poi gli chiede perché non salga sul colle. Dante lo riconosce come Virgilio, che definisce suo maestro di alto stile poetico e a cui chiede aiuto nei confronti della lupa.
    Virgilio risponde che è bene che egli segua un altro percorso perché la lupa è per ora un ostacolo insormontabile; tuttavia verrà un Veltro che sarà la salvezza dell’Italia e che ricaccerà la lupa nell’Inferno da dove era uscita. Il poeta latino si offre come guida di Dante: lo condurrà nei primi due regni dell’oltretomba, poi loaffiderà a un’anima più degna di lui affinchè possa salire in Paradiso. Dante prega Virgilio di condurlo là dove ha detto e lo segue.


    Analisi del testo

    Un prologo
    Il canto è un proglo treeno al viaggio di dantr nell’aldilà: Dante-poeta illustra la condizione di Dante-personaggio, cioè mostra in un cammino faticoso - e subito ostacolato - da una selva oscura a un colle, ci dice per quali ragioni e con chi dovrà effettuare un altro viaggio e, con la tipica onniscienza, dello scrittore che racconta un’esperienza già vissuta, ne anticipa le tappe ai tre regni dell’oltretomba.

    Racconto e fiaba
    Il canto inizia secondo le modalità proprie del racconto: le coordinate temporali (la metà della vita, che ci consente di stabilire l’anno della vicenda; poi la stagion e l’ora) e spaziali (la selva oscura), a cui segue la caratterizzazione psicologica del personaggio Dante. Ma contiene anche i topi del fiabesco, ampiamente presenti nei rimanzi cavallereschi medioevali: indeterminatezza del luogo, bosco solitario, oscurità, smarrimento, paura viaggio.

    Il viaggio
    Il cammino di Dantre rispecchia il modello esistenziale del Medioevo cristiano (e più estensamente anche modelli antropologici di alcune filosofie orientali, come il buddhismo) la vita è un itinerarium mentis, percorso ascensionale dell’anima dell’imperfetto al perfetto, dal mondo a Dio, e l’uomo è viator, pellegrino alla ricerca della salvezza. In tutta la prima parte del canto, infatti, il linguaggio richiama continuamente l’archetipo del viaggio nelle quattro aree semantiche che lo costituiscono: il movimento (v’intrai; ripresi via); il mutamwnto della scenografia spaziale e temporale (dalla selva al piè d’un colle e alla pioggia diserta; dalla notte al principio del mattino); l’insidia(la selva selvaggia easpra e forte; l’acqua perigliosa; la lonza, che ‘mpediva tanto il suo cammino; il leone con rabbiosa fame ; la lupa che molte genti fè già viver grame); l’alternarsi di trepidazione e speranza (la paura della selva che,a llo spuntar del sole, fu un poco queta; la lena affannata ma anche l’alba-primavera che a ben spera m’era cagione)

    Selva, smarrimento, paura
    La selva non ha evidenza figurativa perché mancano del tutto particolari visivi, sostiuiti da una conniotazione d’insieme: oltre che oscura, è selvaggia e aspra e forte; uesta aggettivazione psicologica pone in luce soprattutto gli effetti che la selva ha sull’animo di Dante – turbamentoi e angoscia – e aiuta il lettore a staccarsi a poco a poco dal piano letterale per penetrare in quello allegorico e riconoscere nella selva-smerrimento lo stto di deboloezza morale e intellettuale che è causa del peccato e nella paura la consapevolezza di ciò e il timore della dannazione.

    La tre fiere, la primavera, Virgilio
    Mentre Dante, uscito dalla selva, sta per afrontare la salita del colle che lo allantonerebbe dal male, è ostacolato da tre misteriosi animali. Al di là del loro imprecisabile significato allegorico (tre peccati capitali, tre disposizioni al male, le tre potenze guelfe) è certo che il loro superamento esige uno sforzo etico-intelletuale a cui l’uomo - Dante e , con lui l’intera umanità cristiana - deve sottoporsi. È vero che il poeta manifesta fiducia nella luce del sole, simbolo dell’aiuto divino e nella primavera (preannunciata dalla costellazione equinoziale dell’Ariete) simbolo universale di rigenerazione e qui delle buone disposizioni iniste nella natura umana. Ma tale fiducia non va oltre la lonza, la meno temuta delle tre fiere: il leone e, soprattutto la lupa sono ostaoli la cuui rimozione non può essere affidata alla sola natura umana: occorre il pieno possesso della raione, indispensaible guida della volontà. Occorre cioè Virgilio, che della ragione è figura allegorica: è attraverso un consapevole percorso conoscitivo che il superamento del male diventa conquista stabile e definitiva.

    Virgilio tra storicità e invenzione
    Virgilio è un personaggio-allegoria (la ragione) e un personaggio-funzione, nel senso che svolge un preciso ruolo, quello della guida che rimuove gli ostacoli. Tuttavia non è un’astratta invenzione: è un personaggio storico che del suo tempo e della sua cultura mantiene molte caratteristiche, che rivela una propria identità e una propria fisionomia umana, fatta di ricordi e di affetti, di momenti di sconforo ,e che nei confronti di Dante si mostra maestro e padre. L’annuncio del Veltro e della sconfitta della lupa assume sì un respiro profetico universale, ma ha anche, nell’immediato, lo scopo di rassicurare Dante rivolgendogli la vulnerabilità dell’animale più temuto.
     
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  2. _Natasha_
     
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    Grazie per il lavoro che hai fatto!
     
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1 replies since 4/5/2009, 11:32   2699 views
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