The Beatles - Abbey Road

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    Etichetta: EMI
    Data d'uscita: 1969





    Non si può comprendere appieno il significato di "Abbey Road" senza prima sapere che cosa si cela dietro questo album, come è stato prodotto, in quali condizioni e soprattutto in quali stati d'animo da parte dei quattro ragazzi di Liverpool. E' l'ultimo lavoro dei Beatles, "Let it be", come tutti sapranno, è uscito in seguito, ma proviene da registrazioni precedenti alle session di "Abbey Road".

    I Beatles sono più che prossimi allo scioglimento: Lennon è ormai una mina vagante, quasi completamente avulso dalla realtà del gruppo, Harrison sta producendo dei dischi sperimentali ("Wanderwall music" ed "Electronic Sound") e Starr è impegnato nel suo nuovo amore, il cinema; l'unico a dimostrare ancora un po' di spirito di coesione e iniziativa è Paul McCartney, che spinge gli altri a riunirsi ancora una volta in sala d'incisione (anche perché avevano un contratto da rispettare con la Emi); alla produzione, ci sarà ancora una volta George Martin, che si preventiverà però di assicurarsi che non sarebbero mai avvenuti i memorabili litigi che caratterizzarono le session del "White Album" e di Twinckenham.

    Le premesse non sono buone, potrebbero essere il preludio per la registrazione di un album stanco, ripetitivo, banale e senza idee, non sarà così. Paradossalmente i Beatles saranno presenti contemporaneamente durante le sedute di registrazione solamente poche volte, più che altro per registrare le basi ritmiche; la maggior parte del lavoro di "Abbey Road" è stato compiuto solisticamente, sovraincidendo le singole parti. Per capire che tipo di atmosfera si respirasse all'interno del gruppo sarà sufficiente dire che Lennon avrebbe voluto mettere le sue canzoni nel lato A e quelle di McCartney nel lato B. Nonostante ciò, sarà un album di gruppo, più di quanto lo sia stato il Doppio Bianco: anche se fisicamente i Beatles hanno lavorato da soli, infatti, il risultato finale non tradisce la frammentarietà della conduzione del lavoro.

    L'album si apre con "Come Together", storico pezzo di Lennon che proporrà dal vivo in tutti i suoi concerti negli anni a venire: atmosfera cupa, bassi esaltati e toni alti del tutto assenti, ottimo lavoro di Starr alla batteria; Lennon bisbiglia "shoot me" il che ci fa rabbrividire se pensiamo a cosa sarebbe avvenuto 11 anni dopo; il testo rappresenta una summa degli stili adottati da Lennon durante la sua carriera, sovrappone aspetti biografici a non-sense, metafore e giochi di parole. Segue "Something", forse il pezzo più bello mai scritto da Harrison, e uno dei migliori dei Beatles: è una storia d'amore, l'esecuzione è dolcissima e accurata; da sottolineare la linea di basso di questa canzone da ricordare - a giudizio di chi scrive - tra le più belle della storia della musica pop e rock.

    "Maxwell's Silver Hammer" fu motivo di aspre divergenze tra McCartney, che ne era l'autore, e Lennon; il primo la riteneva degna di un singolo, il secondo semplicemente la detestava. Un testo senza pretese, un pezzo leggero anche se ben arrangiato, in cui fa la sua presenza il Moog (sintetizzatore) inventato da pochi mesi, che caratterizza l'assolo. I Beatles faranno un uso molto parsimonioso e intelligente del Moog evitando così di cadere negli abusi perpetrati da quasi tutti i musicisti di quel periodo. In "Oh! Darling" si riconoscono un effetto parodistico e i riferimenti, nella musica e nel testo, alle canzoni anni 50; molto meticoloso fu McCartney nella registrazione della parte vocale, che fu sovraincisa svariate decine di volte.

    La seconda e ultima canzone dei Beatles firmata Richard Starkey è "Octopus's garden": allegra e spensierata, racconta di un mondo sottomarino, e sembra rifarsi alle atmosfere irreali (nothing is real) di "Yellow Submarine", cantate sempre da Starr tre anni prima. Lo spunto per questa canzone sembra che venne suggerito addirittura dai polipi della Sardegna (!), che costruivano dei giardini raccogliendo oggetti luccicanti sul fondo. "I Want You", con i suoi 7' e 51'', è la canzone piu' lunga mai incisa dai Beatles (eccettuata "Revolution 9"); fu mixata nell'agosto del 1969, l'ultima volta in cui i Fab Four si incontrarono tutti insieme in sala d'incisione; è una canzone d'amore, inequivocabilmente dedicata a Yoko Ono. Basata su pochissimi versi, descrive il nuovo corso del Lennon autore: è un blues, cupo e inquietante, la cui coda è costituita da un arpeggio di chitarra ripetuto numerose volte, notevole difficoltà richiese l'inserimento dell'"effetto vento" nella conclusione del pezzo (non esistevano artifizi elettronici); il brano si interrompe bruscamente tagliando la battuta e creando una sorta di effetto black-out; fine del lato A (parliamo di 33 giri, naturalmente).

    In risposta a chi non riusciva e vedere più nulla di innovativo nella musica dei Beatles, il lato B di "Abbey Road" presentava elementi nuovi e rivoluzionari. E' composto quasi interamente da un medley, ossia da una serie di canzoni tutte collegate una all'altra come in un'unica traccia. Fu essenzialmente un'idea di McCartney e di George Martin (che curò e diresse personalmente tutti gli arrangiamenti delle parti orchestrali), mentre Lennon si disinteressò al progetto e non nascose mai la sua avversione al medley ma, nonostante ciò, contribuì con numerosi pezzi alla realizzazione di quest'ultimo.

    Si parte con "Here Comes The Sun", pezzo acustico dal testo essenziale ma in piena sintonia con la musica, che rivela il periodo d'oro di George Harrison, troppo spesso messo in secondo piano dalla coppia magica Lennon/McCartney. Con "Because" inizia il medley vero e proprio: è un pezzo di Lennon, è composto dagli stessi accordi del Chiaro di Luna di Beethoven, ma a sequenza invertita; le liriche sono stranamente chiare, niente metafore, nessun oscuro riferimento. Segue "You never give me your money", di McCartney: il testo è chiaramente autobiografico e riguarda la disastrosa situazione economica in cui versava la Apple; il pezzo può considerarsi una suite, composta da tre momenti, solo in apparenza autonomi; si intrecciano storie e atmosfere diverse e si preannuncia una fuga da quella realtà. "Sun King" e la successiva "Mean mr Mustard" sono frutto invece della penna di Lennon: la prima ripresenta il classico non-sense Lennoniano con frasi italiane e spagnole (compare anche un "paparazzi" di felliniana memoria), mentre la seconda fu ispirata da un personaggio realmente esistito. Sempre di Lennon è la successiva "Polyethene Pam", sorella del "signor Mostarda", anch'essa ispirata a un personaggio realmente esistito e cantata con un marcato accento liverpooliano. Di McCartney segue "She came in trough the bathroom window", ispirata probabilmente a un'avventura vissuta dall'autore in seguito all'improvvisa intrusione di una fan; il linguaggio adottato, ricco di immagini e di sapore vagamente surreale, ci riporta alle atmosfere di "Sgt. Pepper". La successiva "Golden Slumbers", tipica ballata McCartneyana al pianoforte, è caratterizzata da splendidi arrangiamenti di archi e fiati superbamente diretti da George Martin. "Carry that weight" esplode senza preavviso, mescolandosi ai versi della precedente: il testo rappresenta una metafora, l'autore descrive la sua condizione di leader suo malgrado, mentre all'interno vi è una reprise dei versi di "You never give me your money", che rafforzano il significato delle liriche precedenti. "The End", sempre a cura di McCartney, è idealmente l'ultimo brano dell'ultimo album dei Beatles: presenta una prima parte strumentale, preceduta dall'unico assolo di batteria di Ringo Starr della sua carriera (per evidenti motivi...); è un rock'n'roll puro, con chitarre distorte e un ritmo veloce, sembra quasi che i Beatles vogliano regalarci l'ultima prova tous ensemble prima del commiato, che arriva accompagnato da un tappeto di archi e da una splendida chitarra che sottolinea l'unico verso della canzone, il loro testamento artistico, Lennon lo definì un verso cosmico, filosofico: "...e alla fine l'amore che prendi è uguale all'amore che fai".

    Dopo 16 secondi di silenzio compare quella che noi oggi chiamiamo una "ghost track", è "Her Majesty", un irriverente ma garbato ritratto della regina d'Inghilterra, che dimostra come fossero mutati gli atteggiamenti dei Beatles verso l'establishment politico, rispetto a quando erano stati insigniti, nel 1965 dell'MBE. Si può parlare di traccia fantasma perché quest'ultima traccia, che era inizialmente parte integrante del medley e poi scartata, non era segnalata nei titoli di copertina. Il titolo comparirà solo nelle successive ristampe.

    L'album doveva inizialmente chiamarsi "Everest", in onore di una marca di sigarette fumate dall'ingegnere del suono Geoff Emerick, ma come noto, si era ormai del tutto esaurito lo stimolo di affrontare nuovi progetti, così dal momento che nessuno aveva voglia e tempo di andare sull'Himalaya per fare le fotografie della copertina, si decise molto più economicamente di farle sulla strisce del passaggio pedonale della Abbey Road, davanti agli studi in cui i Beatles avevano registrato per otto anni, rendendola così popolarissima nel mondo.

    A detta di molti, "Abbey Road" è il miglior album dei Beatles, o secondo soltanto a "Sgt. Pepper". E' inconfutabile che si tratti di un album prodotto magnificamente: trasmette sensazioni e atmosfere intense, ricercate, del tutto assenti nel "White Album". E' un lavoro unitario nella sua frammentarietà. Anche se fisicamente lontani, i Beatles abbandonano le loro prese di posizione egoistiche e mettono a disposizione le loro peculiarità in favore di un tutto unico. McCartney raggiunge la piena maturità di compositore e arrangiatore; Lennon, nonostante si disinteressi del prodotto, regala perle decisive per la riuscita dell'album; Harrison è in piena esplosione creativa e firma due pezzi splendidi; Starr dimostra un sensibile miglioramento, non tanto nella tecnica quanto negli arrangiamenti, più vari ed articolati.

    I Beatles sono i Beatles, anche se non si incontrano si influenzano a vicenda, sono una fucina di idee, di esperienze; il dualismo Lennon-McCartney è condizione necessaria perché gli ingranaggi girino, anche se porterà alla disgregazione del gruppo. "Abbey Road" rappresenta l'apice di una parabola che ha portato i Beatles leggeri e scanzonati dei primi anni a un acme di sperimentazione raggiunto negli anni 1967/1968, e che li ha visti tornare a dare più importanza alla melodia, senza rinunciare alle contaminazioni dall'esperienza passata e creando così un autentico capolavoro.



    TRACKLIST
    Come Together
    Something
    Maxwell's Silver Hammer
    Oh! Darling
    Octopus's Garden
    I Want You (she's So Heavy)
    Here Comes The Sun
    Because
    You Never Give Me Your Money
    Sun King
    Mean Mr Mustard
    Polythene Pam
    She Came In Through The Bathroom Window
    Golden Slumbers
    Carry That Weight
    The End
    Her Majesty
     
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0 replies since 9/11/2010, 22:11   294 views
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